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Il cambiamento climatico

di Gabriele SANTORO e Giuseppe CHIFARI (5D)
 

L’unico motivo per cui il riscaldamento globale sembra inarrestabile è che non abbiamo ancora provato a fermarlo.” (Gregg Easterbrook)

Fino a pochi anni fa erano i modelli matematici a prevedere che il clima del Pianeta stava cambiando ma governi e alcuni esponenti del mondo scientifico mostravano scetticismo. Oggi siamo di fronte a fenomeni climatici sempre più estremi, frequenti e devastanti. Molte specie stanno reagendo al cambiamento: alcuni uccelli migratori stanno cambiando le date di arrivo e di partenza anno dopo anno, le fioriture stanno anticipando, le specie montane si spingono, finché possono, in alta quota. Ormai nessuno ha più dubbi sul fatto che siano in atto importanti mutazioni nel clima del Pianeta e sulla nostra responsabilità. 1.5°C è l’obiettivo di massimo riscaldamento del Pianeta da raggiungere entro il 2030. 2019 è stato il secondo anno più caldo mai registrato, con un aumento medio della temperatura globale di circa 1,1°C rispetto all’era pre-industriale 12.85% è il tasso del calo del ghiaccio artico per decennio. Gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi della storia, dagli anni Ottanta, ogni decennio successivo è stato più caldo di tutti i precedenti tornando indietro fino al 1850. L’carbonica è aumentata del 147%, il metano del 259% e il protossido di azoto del 123% rispetto ai livelli preindustriali. La CO2 in atmosfera viene attualmente stimata, in media, in 413 parti per milione, una concentrazione che non si registrava da almeno 650 mila anni, ma probabilmente da molto prima. Gli incendi, le inondazioni e le condizioni meteorologiche estreme osservate negli ultimi mesi sono l’esempio tangibile dei cambiamenti climatici in atto in ogni angolo del pianeta. Nel Mediterraneo, in particolare, eventi estremi sono aumentati in maniera notevole dagli anni ’50, proprio a causa delle attività dell’uomo, sostengono i ricercatori. Nel 2019 l’Amazzonia ha affrontato il terzo incendio più grande mai registrato, mentre intense fiammate hanno infuriato in Indonesia, Nord America e Siberia, tra le altre regioni. Nel 2020 la California ha vissuto la sua peggiore stagione di incendi da quando sono iniziate le registrazioni moderne. Gli stati dell’Oregon e di Washington hanno visto un picco nei grandi incendi nel 2020. Il 29 giugno 2021, nella città di Lytton, in Canada, la temperatura ha raggiunto i 49,6°C, battendo il record nazionale per il terzo giorno di fila. In questo momento 12 stati americani stanno combattendo 71 incendi attivi. L’incendio di gran lunga più grande continua a essere il Bootleg nel centro-sud dell’Oregon, che ha devastato un’area più grande di New York City. Mentre il numero di acri bruciati in California quest’anno sta eclissando il numero in questo periodo dell’anno scorso, che aveva già stabilito un record statale – 4,1 milioni di acri bruciati alla fine del 2020. Lo so, è una lista abbastanza lunga ed impegnativa da leggere, ma non è neanche la punta dell’iceberg. Questo è ciò che sta accadendo al nostro pianeta, mi correggo, ciò che noi stiamo facendo al pianeta. Perché purtroppo una sola è la risposta alla domanda qual è la causa del climate change, L’UOMO. E solo l’uomo può fermare tutto questo. Ormai in tutto il mondo persone di tutte le età scendono in piazza a protestare contro il proprio stato per le politiche climatiche che non vengono attuate. A partire da Greta Thunberg, Greta è diventata il simbolo della lotta al cambiamento climatico dal 2018, anno in cui ha iniziato a scioperare. Dall'età di 15 anni non ha mai smesso di battersi per il 9 clima e per l’ambiente. L’ultima sua impresa è la manifestazione a Glasgow durante il Cop26 di cui parleremo dopo. A Glasgow lei ha definito il cop26 un insieme di bla bla bla. Ovvero di politici che fanno solo finta di importarsi di un problema così importante. Ma parliamo del Cop26 Non serve leggere riga per riga gli accordi di Glasgow per capire che la COP26 è stata un’occasione mancata. É sufficiente rifarsi per esempio alle parole del presidente della conferenza, Alok Sharma, il quale durante la conferenza stampa di chiusura si è mostrato eccezionalmente commosso. Sharma si è detto «profondamente frustrato» esternando la propria delusione per l’esito del summit. Ma non è tutto qui: il presidente della COP26 ha anche puntato il dito contro India e Cina, affermando che questi dovranno «spiegare ai paesi sottoposti al cambiamento climatico perché hanno fatto quello che hanno fatto». Il riferimento è ovviamente diretto ai passi indietro richiesti dai due giganti asiatici, i quali hanno di fatto ridimensionato l’effettiva portata degli accordi. Lo stesso Boris Johnson, premier del Regno Unito e quindi del paese ospitante, non ha potuto nascondere del tutto il proprio disappunto, spiegando che «la gioia per i progressi fatti è tinta di delusione». Ma cosa si dice nel concreto negli accordi di Glasgow? Il testo approvato è una versione “annacquata” di quello proposto originalmente. Volendo riassumere, Sharma ha spiegato che «abbiamo mantenuto 1,5 gradi a portata di mano ma l’impulso è debole e sopravviverà solo se manterremo i nostri impegni», un’affermazione che appare persino ottimistica nel quadro di un risultato che lui stesso ha definito come “una vittoria fragile”. Il fatto contro il quale si punta il dito è in particolare la richiesta dell’India, che è riuscita a far accettare una piccolissima ma importante modifica al testo finale: non si parla più di “phase- out”, ovvero di eliminazione graduale del carbone, quanto invece di “phase-down”, ovvero di riduzione graduale del carbone. La differenza, tra “eliminazione” e “riduzione”, è notevole. Il problema è che, leggendo il Patto di Glasgow, si capisce che i passi in avanti per riuscire a contenere davvero l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi sono stati davvero pochi, sicuramente meno di quanti potevano essere concretamente fatti. Una cosa è sicura sii sarebbe potuto fare di più. Nel mondo molti sono gli scettici, molti non credono che la maggior parte dei disastri ambientali accadano per colpa nostra e di quello che stiamo facendo alla terra, molti non credono che se continuiamo così molto presto sulla terrà finiranno le risorse necessarie alla sopravvivenza, che forse inizieremo a fare delle guerre per i beni necessari, che probabilmente alla fine la terra diventerà inabitabile e saremo costretti ad andarcene da questo pianeta. Molti scettici non credono che anche se noi tutti moriremo, la terra continuerà a vivere anche senza di noi. Le manifestazioni sul climate change o anche del movimento Fridays for Future non sono inutili, perché danno un messaggio chiaro di quello che il popolo vuole al governo, ad un governo a cui sembra non importare al 100%. Purtroppo sappiamo con certezza una cosa, che l’unica cosa che potrà salvarci sarà l’impegno che le multinazionali e gli stati di tutto il mondo metteranno nell’eliminazione delle emissioni serra (Co2) Il cambiamento climatico rimodellerà radicalmente la vita sulla Terra nei prossimi decenni. Questi impatti climatici devastanti stanno accelerando e sono destinati a diventare dolorosamente evidenti prima che un bambino nato oggi compia 30 anni. Le scelte che le società fanno ora determineranno se la nostra specie prospererà o semplicemente sopravvivrà nel 21° secolo. Ormai l’orologio è partito e se non lo fermeremo noi continuerà a ticchettare, fino a quando non sarà troppo tardi.

Tempo rimanente al limit global warning 7 anni 219 giorni 7 ore e 57 minuti


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